Treno Regionale


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Il deragliamento del Botticelli

ARTICOLI

18/03/2001

foto tratta dal TG2

Il Fatto
Il 12 gennaio del 1997 un "pendolino" (elettrotreno ad assetto variabile) all'ingresso della stazione di Piacenza deraglia. La prima vettura urta un palo della linea aerea e si apre in due. Nell'incidente muoiono i due macchinisti e altre 6 persone. Sulle cause dell'incidente si formulano mille ipotesi: attentato a una personalità che viaggia sul treno, guasto ai carrelli, macchinisti in stato di ebbrezza, cedimento del binario, eccesso di velocità. I viaggiatori che si trovavano sul treno fanno racconti contrastanti anche perchè tutto si è svolto in pochi attimi. Vale la pena di ricordare che i "pendolini" sono autorizzati a viaggiare a velocità più elevata dei treni ordinari grazie alla loro struttura in lega leggera con cassa oscillante. L'oscillazione non serve però a garantire una maggiore "tenuta" in curva bensì a ridurre l'effetto della forza centrifuga sui passeggeri che, a velocità elevata, in curva verrebbero spinti verso le pareti.

La cronaca

Articolo tratto dal quotidiano La Stampa del 7/03/2001

Incidente Pendolino, tutti assolti
Una madre: mio figlio ucciso due volte

PIACENZA

Tutti assolti, nessuno ha colpa per il deragliamento del Pendolino Etr 460 che il 12 gennaio '97 provocò otto morti e 29 feriti. I 25 dirigenti e funzionari delle Fs imputati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ferroviario sono stati scagionati ieri dal tribunale di Piacenza «per non aver commesso il fatto». La sentenza dopo 4 ore di camera di consiglio. Addolorati e sgomenti i familiari delle vittime in attesa della sentenza in aula. «E una vergogna - ha detto la mamma dell'agente di polizia, Gaetano Ardito - così me l'hanno ammazzato due volte». Altrettanto dura la madre di Lorella Santoni, una delle due hostess di bordo perite nella sciagura: «Nessuna condanna avrebbe potuto restituirmi mia figlia, ma questo verdetto ci toglie anche la speranza di sapere che cos'à successo veramente. E come se otto persone fossero morte per niente». Secco il giudizio di Dario Balotta, segretario lombardo della Fit Cisl: «Ancora una volta in questo Paese si ricorre alla fatalità o si tira in ballo implicitamente chi per aver compiuto il proprio dovere non ha potuto essere testimone al processo».
Anche per i macchinisti aderenti all'Orsa l'assoluzione di ieri è «un errore clamoroso» per «non aver riconosciuto le responsabilità di coloro che, pur avendone le facoltà, hanno rimosso arbitrariamente le degradazioni del "codice" nella tratta precedente» al luogo del disastro. Altrettanto duro il commento di Ezio Gallori, fondatore del Comu, l'agguerrita organizzazione sindacale dei macchinisti Fs: «Una sentenza inaccettabile. Mentre in Inghilterra nei casi di incidenti ferroviari vengono condannati anche i dirigenti, in 42 anni che faccio il macchinista nelle Ferrovie italiane non ne ho mai visti condannare nemmeno uno e le colpe dei disastri vengono scaricate sui soliti "errori umani" dei macchinisti». Da segnalare che anche i vertici delle Fs di allora (Cimoli, Necci, Schimbemi, Vaciago) erano già stati prosciolti. «Bisogna aver rispetto dei morti, ma anche dei vivi - ha detto invece l'avvocato Cesare Piazza, di Firenze, difensore di uno dei funzionari Fs assolti - la sentenza ha chiarito che non vi fu alcuna responsabilità da parte delle Ferrovie dello Stato e che le persone che erano sottoposte al processo hanno agito in coscienza e per il bene del pubblico servizio». Muto invece il pm Paolo Veneziani, secondo cui la modifica del «codice 180» fu concausa della tragedia, assieme all'errore dei macchinisti. Fino all'estate '92, aveva ricordato Veneziani nella requisitoria, a protezione della curva di Piacenza c'era un segnale, appunto il «codice 180»: frenava automaticamente i treni che si immettevano sul ponte ad una velocità superiore ai 115 chilometri orari. Dopo quella data le Fs lo modificarono: agiva con lo stesso meccanismo, ma solo per i treni che transitavano a più di 185 chilometri all'ora. L'Etr 460 quel giorno arrivò sulla curva di Piacenza a 160 all'ora e deragliò. Le vittime furono i due macchinisti, due poliziotti, due hostess del servizio di ristorazione e due passeggere. Altre 29 persone rimasero ferite. Illeso l'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che viaggiava a bordo del treno. [iv. bar.]

Il commento

Così anche questa volta il processo si è concluso imputando la responsabità della tragedia a un errore umano. Perché è umano che due macchinisti che conoscono bene la linea che stanno percorrendo, sapendo di una curva da affrontare a velocità ridotta, accelerino anzichè frenare. Qualcuno potrà pensare che il treno si guidi come l'automobile... pedale acceleratore... freno... così vicini... uno crede di frenare e invece accelera. E i sistemi di sicurezza? Fossero tutte le linee così attrezzate! Ma siccome la sicurezza è un optional, anche le protezioni possono essere rese inefficaci. E tutto questo per poter ridurre i tempo di percorrenza di qualche minuto ed esaltare i pregi dell'«alta velocità». L'alta velocità si ottiene con infrastrutture ad essa dedicate, non cercando di guadagnare qualche minuto sulle linee già esistenti riducendo al limite gli spazi di frenatura.

I dati

Nel grafico seguente sono riportate le velocità medie di treni intercity in servizio tra Milano e Bologna senza fermate intermedie. In colore rosso i treni composti da materiale ordinario, in verde i "pendolini".

I servizi non-stop Milano-Roma con i pedolini ETR 450 prendono il via nell'estate del 1988. Il percorso era effettuato in 3 ore e 58 minuti e venne pubblicizzato come diretta concorrenza dell'aereoplano. Molto probabilmente furono pochissime le volte che questo servizio riuscì a mantenere i tempi previsti (nemmeno il giorno dell'inaugurazione!) a causa di un orario troppo "tirato" nel quale il minimo imprevisto rendeva impossibile recuperare i ritardi. Oggi i servizi di punta hanno ridotto le proprie pretese e percorrono la distanza Milano-Roma in 4 ore e 30 minuti servendo anche Bologna e Firenze. La nostra indagine parte quindi da quando furono istituite queste fermate intermedie. In particolare si osserva che dal 1989 fino all'estate del 1992 la velocità media dei pendolini tra Milano e Bologna è di 153 km/h e la distanza di 219 km viene percorsa (sulla carta!) in 1 ora e 26 minuti. I treni intercity e eurocity (meno costosi) impiegano 1 ora e 43 minuti fino all'inverno 1990/91, riducendo poi la percorrenza a 1 ora e 38. Dall'estate del 1992 i pendolini vedono ritoccato il proprio orario probabilmente a causa di una traccia costruita a tavolino e impossibile da mantenere. Pertanto Milano e Bologna distano ora 1 ora e 30 minuti. Certo che 8 minuti di differenza tra un intercity ordinario e un pendolino possono non valere la spesa... e curiosamente anche gli intercity accumulano qualche minuto (+ 3). L'estate del 1993 vede un ulteriore incremento dei tempi di percorrenza dei pendolini (+6 minuti) e (...) degli intercity (+6 minuti). Dal 1994 si tenta nuovamente di ridurre i tempi: si scende a 1 ora e 35 minuti nell'inverno 1995/96 (per gli intercity ordinari 1 ora e 44 minuti). Si torna a 1 ora e 38 minuti nel 1996 (incrementando anche gli intercity di 3 minuti). A gennaio del 1997 l'incidente al "Botticelli". La corsa alla riduzione dei tempi termina: i pendolini lasciano il posto agli ETR 500 e i tempi diventano quelli dei normali intercity (ai quali però vengono aggiunti ancora alcuni minuti di percorrenza...). Il sospetto che le variazioni dei tempi di percorrenza dei treni intercity meno costosi seguano le altalene di quelli più prestigiosi troverebbe conferma nel fatto che l'IC "Gargano" nel 1997 impiegasse 6 minuti meno delle relazioni più prestigiose (e costose...).


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